sabato 29 giugno 2024

BIALETTI: I PROCESSI, I DUBBI.

Tratto dal libro "La caffettiera perduta", pag. 134-138.


Nel bel mezzo di una ricerca, mi imbattei in una vecchia sentenza datata 18.05.1962. Accanto al nome di Alfonso Bialetti, venne più volte menzionato anche quello del sig. Otello Amleto Spadini.

Era la sentenza della Bialetti contro la Pezzetti. "I soliti scontri da giganti", pensai. In effetti Renato Bialetti allora difendeva e ringhiava ad ogni tentativo di imitazione della sua caffettiera, ma a dire il vero, il nome del sig. Spadini veniva ininterrottamente citato, perché dichiarato avente diritto del brevetto scaduto (modello ornamentale) di una caffettiera sfaccettata, registrato nel 1937 a Genova.



         Renato Bialetti per la rivista "Boy Style", 1961 - I giovani leoni



La sua invenzione ritornava a galla nel momento in cui la Bialetti accusava la Pezzetti di concorrenza sleale da imitazione di prodotti, ma il tutto si inceppava apparentemente nella conferma di un brevetto gia esistente ma scaduto, che rendeva comunque incerto il procedere.

Riuscii a recuperare nella biblioteca internazionale di Colonia una copia della descrizione della sentenza, contenuta nella "Rivista di Diritto Industriale" del 1963.

Avevo letto in modo disordinato la sentenza commentata in quella rivista, combattendo con una terminologia e un argomento troppo complesso per me. Arrancando a destra e sinistra, rimanevo comunque scioccato dalle frasi che leggevo. Poi imprecando, continuavo a chiedermi come fosse stato possibile.

"Alfonso si ѐ fatto fregare... ѐ impossibile. Alfonso ѐ il creatore della caffettiera, cosa vorrà mai questo Spadini? Finalmente una fase di calma apparente prevalse su di me, cominciai quindi a rileggere, ora in modo più ordinato, meno frenetico, tuttavia accusando lentamente un'angosciante, strana sensazione.

Nella sentenza venivano affrontate varie tematiche, oggetto di discordia tra la Bialetti, la Pezzetti e Lux Express. Argomenti come:
Marchio di forma - Parole di uso comune - Inappropriabilità di forma protetta da modello ornamentale scaduto - Concorrenza sleale da imitazione di prodotti.

In maniera beffarda dagli incartamenti giuridici scaturiva una vera e propria battaglia legale; personalmente io ero più che altro interessato alle esternazioni del giudice, che in modo sistematico, aveva posto in risalto in più momenti l'invenzione di Amleto Spadini e una possibile collaborazione di Alfonso Bialetti.

Quasi ipnotizzato nella lettura, catturai alcune delle dichiarazioni, alcuni pezzi, che sarebbero stati utili successivamente nel proseguo della mia ricerca:

LA FORMA DELLA CAFFETTIERA DI CUI TRATTASI RISULTA INFATTI BREVETTATA A TITOLO DI MODELLO ORNAMENTALE, CARATTERIZZATO DALLA FORMA E DALLA SFACCETTATURA, AL NOME DI SPADINI OTELLO AMLETO IN DATA PRIMO LUGLIO 1937.
E PER ALTRO, LA BIALETTI NON CONTESTA CHE LO SPADINI DIVULGÒ LA CAFFETTIERA PROGETTATA, A SUO DIRE, IN COLLABORAZIONE DI ALFONSO.

ORA, ANCHE IN IPOTESI ACCETTANDO COME VERIDICA LA VERSIONE BIALETTI, PER IL FATTO STESSO CHE LA CAFFETTIERA IN QUESTIONE FU COME E PACIFICO QUANTO MENO DAL 1937 ( E CHE, COMUNQUE FU OGGETTO DI MODELLO ORNAMENTALE DA TEMPO SCADUTO),  ESCLUDE SECONDO L'ORDINAMENTO ITALIANO, CHE LA STESSA FORMA POTESSE ESSERE OGGETTO DI ESCLUSIVA INDUSTRIALE.

E poi ancora:

NON È INVERO AFFATTO DIMOSTRATO CHE LA BIALETTI SIA AVENTE CAUSA DELLO SPADINI, CHE POTÈ BREVETTARE A NOME SUO QUELLA FIGURA E DIVULGARLA NELLA PUBBLICITÀ DELLA CAFFETTIERA COL NOME TRIPLERAPID MIRACOL 900.

SENZA ALCUN RIFERIMENTO AL FONDITORE BIALETTI COME SI EVINCE DALL'AMPIA DOCUMENTAZIONE IN ATTI.




Arrivai a questo punto frastornato, non consapevole che bem presto mi sarei sentito affranto:


NÉ GIOVA ALLA BIALETTI L'ADOMBRARE CON TESTIMONIANZE PERPLESSE E COMPIACENTI DI PARENTI E DIPENDENTI LA IPOTESI DI UN APPORTO INVENTIVO DI ALFONSO BIALETTI NELLA FORMA SFACCETTATA DELLA CAFFETTIERA. 

VA, PERÒ PRECISATO CHE LA SFACCETTATURA DELLE CAFFETTIERE NON FU UNA CREAZIONE BIALETTI, MA COSTITUì, COME SI È DETTO, MATERIA DEL BREVETTO INDUSTRIALE SPADINI SCADUTO DA OLTRE 20 ANNI (A.GIUFFRÈ, 1963, PAG. 74-78).

E visto che il peggio arriva sempre alla fine:

LA SOCIETÀ BIALETTI HA DICHIARATO DI AVER SMARRITO IL TITOLO COL QUALE AVREBBE REGOLATO I PROPRI RAPPORTI CON LO SPADINI.

MA NON HA CHIARITO QUALE FOSSE IL CONTENUTO DI QUEL TITOLO.


QUEL TITOLO, CONTRATTO, STIPULATO TRA AMLETO SPADINI E ALFONSO BIALETTI AD OMEGNA NELL'OTTOBRE DEL 1936, È TORNATO ALLA LUCE POCO TEMPO FA, RINVENUTO IN UNA CANTINA. MISTERIOSE RIMANGONO LE CIRCOSTANZE. 
 

Quasi contemporaneamente, Renato Bialetti era impegnato in quei anni in un altro processo. Renzo Spadini, tornato dall' Australia tentò una causa alla oramai divenuta "piu grande fabbrica di caffettiere del mondo". Quella per lui fu una tragica esperienza, contornata da eventi incontrollabili, tutto andò per il verso sbagliato; Renzo Spadini rimase per tutto il resto della sua esistenza segnato da un processo che (giusto o sbagliato), innanzitutto lo catapultò nella miseria, e secondo, tolse a lui e alla sua famiglia ogni speranza di diritto sulla sua amata creazione.  Lui, il ragazzino tredicenne che con le mani sporche dal duro lavoro, scarabocchiava in una fonderia a Genova la prima moka in assoluto. Lui, il genio disegnatore che progettò con suo padre Amleto la moderna caffettiera nel 1946, sì, proprio lei... l'arnese più italiano di sempre!






                              Renzo Spadini, il presunto disegnatore della prima moka 





martedì 25 giugno 2024

LA FOTO: AMLETO SPADINI E LA SUA CAFFETTIERA

 



               
                              Otello Amleto Spadini e la sua caffettiera


Otello Amleto Spadini a Genova. Nella galleria Giuseppe Mazzini nel 1937, Amleto presentava in uno stand in collaborazione con la "Bottega del Caffè" la sua creazione. L'inventore della caffettiera, l'oggetto più italiano di sempre, non avrebbe mai e poi mai immaginato che un giorno la sua macchinetta, sarebbe diventata simbolo dell'Italia nel mondo.

A Produrla, sì, proprio lui... Bialetti. Nel 1936, Amleto Spadini alla ricerca di un produttore che potesse alleviare il lavoro di produzione a Genova, conobbe Alfonso Bialetti. In quell'anno  ad ottobre tra i due venne  stipulato un contratto. Bialetti avrebbe così prodotto a conto terzi la caffettiera di Amleto Spadini. 

Dalla documentazione storica ritrovata, furono circa 500 le caffettiere che vennero prodotte ad Omegna in quei due anni. La fonderia di Spadini situata a Genova avrebbe cosi potuto occuparsi della produzione di oggettistica per la casa, e soprattutto l'aiuto di Alfonso Bialetti avrebbe cosi attenuato il lavoro al giovanissimo figlio di Amleto, Renzo.

Il contratto tra i due venne modificato a dicembre dello stesso anno. Amleto avrebbe dovuto fornire ad Alfonso il materiale base: l'alluminio.

Nel 1937 Amleto Spadini (così preferiva farsi chiamare), depositò una privativa industriale. Ora la sua caffettiera era al sicuro (o quasi).



                                  Privativa industriale n.14691, del 1937




L'immagine completa di Amleto Spadini accanto alla sua creazione nel suo stand non lascia più dubbi, lui è l'inventore della caffettiera; bisogna dare finalmente merito ad un imprenditore, inventore, caduto ingiustamente nell'anonimato. Sminuire gli eventi del passato, fare finta di niente, coprire le verità è sintomo di incorrettezza storica.



Triplerapid Miracol 900, la caffettiera di Amleto Spadini






La foto integrale, completa (nella galleria Mazzini), insieme al contratto tra Alfonso Bialetti e Amleto Spadini (che venne dichiarato smarrito), potrebbero essere pubblicati nella prossima versione aggiornata del libro "La caffettiera perduta", solamente nel caso ci fosse uno sponsor disponibile a partecipare alla realizzazione di un segnalibro colorato a mano realizzato da una associazione di disabili (raffigurante una caffettiera), e al preordine di libri a prezzo scontato da offrire ai propri clienti. 

Mauro Lapetina

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lunedì 24 giugno 2024

1933: L'IMPROBABILE DATA DI NASCITA DELLA CAFFETTIERA BIALETTI

                 Disegno della prima moka, Leo Grimm (10 anni)


Tratto dal libro "La caffettiera perduta", pag. 115-121


"Ecco, di nuovo, si era ingarbugliato tutto quanto. Allora decisi di concentrarmi su quella che viene indicata come la data di nascita della caffettiera Bialetti. Dunque, quali presupposti reali esistevano per fondere la nascita della caffettiera all'anno 1933? Sussistevano elementi di prova evidenti? Come giustificare la mancanza di tale documentazione storica?
Furono i leggendari racconti delle lavandaie, o le tramandate storie sul lago, che attribuirono probabilmente, forse ingiustamente, quella data all'oggetto più italiano di sempre?
 
Dalle testimonianze raccolte, Alfonso Bialetti, terminò il suo rapporto professionale (assunto con la mansione di capo fonderia) nella ditta famigliare nell'ottobre 1933, esattamente quando la Metallurgica Lombarda Piemontese dei suoi fratelli Cesare e Camillo venne rilevata dalla Società Montecatini di Milano che ne proseguì l'attività (testimonianza orale, Giacomo-Ada Bialetti, figlio-a di Cesare Bialetti).

Ma, perché Alfonso non continuò a lavorare con i suoi fratelli? "Il suo carattere era impetuoso, esuberante, difficile al comando e oltre ciò amava nuove sfide e il girovagare...", mi dichiararono. Abitò con la sua famiglia a Pieve Vergonte dal luglio 1929 fino all'ottobre del 1933 poi, cessata la collaborazione con i suoi fratelli, si trasferì a Piedimulera dove visse fino al luglio 1935.

Comunque riuscire ad ottenere informazioni storiche sull'intervallo di tempo che precedette l'apertura della sua piccola officina a Crusinallo mi fu particolarmente difficoltoso; sostanzialmente per due motivi: la mancanza di testimonianze veritiere e il susseguirsi dei suoi continui spostamenti che indicavano una situazione lavorativa incerta, precaria.

Tuttavia, grazie ad una preziosa testimonianza, appresi di un suo tentativo imprenditoriale intrapeso proprio a Piedimulera (dopo la chiusura della ditta famigliare) insieme ad un membro della famiglia Masciadri.

Per problemi caratteriali, i due si separarono in un battibaleno... ma non ancora rassegnato dalla breve e insufficiente testimonianza, riuscii, dopo assidue ricerche, a ricontattare il mediatore che, dopo le mie insistenti richieste, mi promise (al solo patto di non essere più disturbato), che avrebbe tentato un'ultima volta di ricontattare l'anziana persona divulgatrice del racconto che, a suo dire, non sarebbe più stata in grado di aiutarmi per motivi di salute.

Infatti quando gli telefonai, questo infastidito mi rispose frettolosamente:
Senti, il signore come temevo ѐ mancato alcuni mesi fa, stava già molto male allora; quindi la storia rimane quella di prima, aprirono un'attività si presuppone a Piedimulera circa nella metà degli anni´30, lavorarono l'alluminio. 

Poco dopo si separarono, perché litigavano in continuazione. Di Masciadri non conosco nulla e nessuno. un paio di anziani tramandarono la storia, che proprio Masciadri aveva sviluppato una caffettiera. Di più non so. La moglie di +++ ti ha lasciato un disegno fatto da lui a matita; ѐ dal tuo amico ad Omegna. Passa a prenderlo. Non credo di poterti aiutare ulteriormente.



                               Il caffettiere galattico, pag.117



Queste parole mi rattristarono, il tutto venne confermato dal mio caro amico omegnese che aggiunse: "Il disegno ѐ da me, ritieniti fortunato... passa a prenderlo appena arrivi, ѐ straordinario. Lui era una persona molto sensibile, abbiamo lavorato molti anni insieme alla Bialetti" parole emozionanti, che fecero passare in secondo piano la storia di Alfonso.

Ritenevo quindi inesatto o, meglio ancora insensato, continuare a proclamare il 1933 come anno di nascita della caffettiera. Forte delle testimonianze raccolte, e degli spostamenti professionali rilevati, consideravo impossibile il coinvolgimento di Alfonso Bialetti nella realizzazione della caffettiera, perlomeno in quel preciso periodo storico.

Il rapporto professionale nello stabilimento dei suoi fratelli, protrattosi per quasi tutto il 1933, e il trasferimento di residenza a Piedimulera, luogo della breve avventura imprenditoriale terminata con l'inesorabile separazione dal suo socio, delinearono un quadro lavorativo di Alfonso Bialetti piuttosto instabile, poco ideale a confrontarsi con i pittoreschi racconti tramandati.

Piedimulera, fu l'ultimo domicilio della famiglia di Alfonso, allora padre di tre bambini (Renato, Germana, Luisanna), prima di trasferirsi a Crusinallo in via IV Novembre, dove proprio a pochi passi, nel 1935, aprì una piccola officina...



           Corrispondenza tra Alfonso Bialetti e Amleto Spadini, 27.10.1935


Un ultimo tassello capace di gettare luce su questa vicenda fu un'intervista che apparve nel 1967 nel periodico Epoca. La riesumai svuotando la cantina del mio vicino; dimenticata, sfuggita agli squardi indiscreti degli esperti, quella piccola scheggia di storia mi supplicò di tornare alla luce. Renato Bialetti, intervistato dal giornalista Giacomo Maugeri, dichiarò che la nascita della caffettiera avvenne nel 1935 (e non nel 1933) nella baracca, dove suo padre aveva realizzato la sua officina. 

Si lamentò inoltre, che suo padre Alfonso non fosse stato in grado di badare ai suoi interessi e che la sua più grande soddisfazione la sera, era di addomentarsi col sigaro in bocca stringendo in mano uno dei pezzi più difficili usciti dalla fonderia. Una bella storia, anche edificante.

Meno edificanti furono invece i continui scontri e litigi tra i due, i loro caratteri dominanti non riuscirono a fondersi. La ricerca di foto o materiale inerente la produzione delle prime caffettiere prodotte da Alfonso, come la ricerca di materiale pubblicitario o altro, non diede purtroppo alcun risultato tangibile.

nella già citata intervista, per altro con toni assolutamente coloriti e piena di gustosi aneddoti, mi colpirono i "robusti" numeri di produzione che vennero dichiarati:

1935-1945, 70000 caffettiere

1946, 12000 caffettiere

1947, 36000 caffettiere

1948, 100000 caffettiere

 

sabato 22 giugno 2024

ALFONSO BIALETTI E IL BUCATO

 

Interpretazione grafica della teoria n.1 "Alfonso e il bucato", pag. 111, K. Kamphues


Tratto dal libro "La caffettiera perduta", pag. 100-128.


"Famosa ovunque, planetaria, intoccabile ѐ sempre stata la storia dell'invenzione della caffettiera di Alfonso Bialetti. Questa fu descritta sin dalla notte dei tempi, quasi fosse stata una tenera scena di una commedia vernacolare, di quelle che nei primi anni del Novecento riempivano i teatri, cercando di portare una morale edificante ad un popolo che muoveva a fatica i suoi passi nella modernità.

Erano gli anni Trenta e Alfonso, seduto su un muretto, fumava e scarabocchiava su un pezzetto di carta. Sognava e architettava una nuova macchina, a dir meglio, una macchinetta, mentre ammirava attento ogni movimento della sua giovanissima moglie.

Questa, non ancora diciottenne, ammoniva la sua pigrizia... accendendo il fuoco sotto il treppiede che avrebbe sostenuto una grande pentola con il bucato e la lisciva. Ma quale incredibile invenzione si sarebbe celata nei bozzetti che Alfonso creava?

Per verificare la vericità di questa leggendaria nascita, dcisi di cominciare la mia ricerca recuperando quelle informazioni che avrebbero confermato l'esistenza dello strumento utilizzato dalla moglie di Alfonso, e con stupore incappai in un nuovo interessante contesto storico: quello dei lavatoi.

Era chiaro che in un territorio ricco di laghi, fiumi e torrenti, la costruzione dei lavatoi in quell'epoca fu un dovere, una spinta sociale, un momento di aggregazione dove i canti, pettegolezzi e dicerie spesso assumevano connatati completamenti diversi. 

Trovai un significativo contributo della scuola primaria di Stresa che, nella mia ricerca di storie che ruotavano attorno alla costruzione dei lavatoi, confermò, oltre alle vicissitudini delle donne intorno alle vasche, anche l'utilizzo di un misterioso oggetto: la liscivatrice.

La LESSIVEUSE O LISCIVATRICE

TRA IL 1920 E IL 1930 FU INVENTATO UN NUOVO ATTREZZO IN LAMIERA ZINCATA CHE RENDEVA PIÙ SEMPLICE LA BOLLITURA DELLA BIANCHERIA, CON MINOR FATICA PER LE LAVANDAIE. ERA COSTITUITO DA UN GROSSO MASTELLO ALTO 50/60 CM CIRCA, A FORMA DI TRONCO DI CONO; IL DIAMETRO DELLA BASE INFERIORE ERA DI CIRCA 40 CM E QUELLO DELLA BASE DI 60/70 CM. ALL'INTERNO PRESENTAVA UN CONDOTTO ESTRAIBILE FATTO A TUBO CHE SI ALLARGAVA VERSO L'ALTRO; LA PARTE SUPERIORE ERA FORATA PER PERMETTERE L'USCITA DELL'ACQUA BOLLENTE, SECONDO IL PRINCIPIO CHE REGOLA IL FUNZIONAMENTO DELLA CAFFETTIERA MOKA (POLETTI, 2010).

SCUOLA PRIMARIA STRESA


Senza ombra di dubbio, qui la storia del bucato non faceva una piega, e le testimonianze raccolte dagli alunni della scuola di Stresa confermavano inesorabilmente quanto questo racconto fosse radicato, accettato, fonte di orgoglio per tutti i concittadini. 

Nonostante ciò continuavo a chiedermi: ma perché la moglie di Alfonso avrebbe dovuto fare il bucato nella liscivatrice e non nelle vasche dei lavatoi insieme alle altre donne? Sia Montebuglio, che Crusinallo disponevano di lavatoi.  Omegna riccheggiava d'acqua. E, quarda che coincidenza, a Montebuglio il lavatoio sorgeva, dove ora risiede l'ossario.

Poi un pomeriggio, proprio ad una manciata di chilometri lontano dal piccolo paese montano (Montebuglio), mentre mi apprestavo ad acquistare alcune cartoline storiche che avrebbero decretato la fine delle mie ricerche: "Ma che lavatrice e bucato... la moglie di Alfonso stava bene, lei era giovane, molto istruita, colta, suonava anche il pianoforte..." Ecco! Mi avevano ributtato nel groviglio!

Surreale fu il confronto con un esperto sulla storia della famiglia Bialetti che incontrai ad Omegna; il distinto signore concluse la nostra animata discussione  con una lunghissima risata di cuore, che oltre a rafforzare il suo sistema immunitario, non fece altro che far riaffiorare in me nuove perplessità.

La persona in sua compagnia, disturbata dalle risa, dalle parole del suo compagno e dalle mie domande diventate sempre più insistenti, recitò imperterrita la versione tradizionale, elencandomi noiosamente tutti i particolari tecnici della vecchia lavatrice, non capendo che io ero alla ricerca di altro.

Per aggiungere altro mal di testa, un'ulteriore dichiarazione scritta da parte di una persona molto vicina alla famiglia Bialetti, contribuì a rimettere tutto quanto in discussione:


LA STORIA DELLA LAVATRICE È PURA FANTASIA CREATA AD HOC DA RENATO, FIGLIO DI ALFONSO PER CREARE UN SUPPORTO ALLA MASSICCIA PUBBLICITÀ CHE FACEVA IN QUEL PERIODO. NON RISULTA AI MEMBRI DELLA FAMIGLIA CHE *** FACESSE IL BUCATO CON QUESTA MACCHINA.


                 Mostra "Il caffѐ ѐ pronto"


La "vecchia lavatrice"... sì, tra l'altro nel lontano 2019-20 feci la sua conoscenza; in Germania avevo organizzato una mostra sulla nascita della caffettiera e proprio l'insolito arnese fu oggetto degli squardi curiosi ed eloquenti del pubblico che visitò la manifestazione (nelle prime tre ore visitarono 265 persone la mostra!).



                  Mostra "Il caffѐ ѐ pronto"

 


                  Mostra "Il caffѐ ѐ pronto"


Stufo di ascoltare le colorite e simpatiche versioni sulla storia del bucato, nonché le continue incongruenze, data l'obbiettiva mancanza di materiale storico e fotografico, decisi di terminare la movimentata ricerca, a patto... sì, a patto di capire definitivamente l'idea di base a cui Alfonso si aggrappò o almeno accettare il nesso tra la tramandata versione storica e il logico funzionamento tecnico della liscivatrice.

Uno specialista avrebbe fatto luce... un tecnico termodinamico segnato tra l'altro dalla mia stessa passione, dotato di una conoscenza unica, approfondita da anni di ricerche, avrebbe portato chiarezza, mi dissi, alla storia del "bucato".

Alla domanda di che cosa pensasse sulla storia della liscivatrice e se davvero Alfonso Bialetti ebbe l'ispirazione per creare la caffettiera osservando la moglie utilizzare questo istrumento in quel contesto idilliaco che la leggenda narrava, questa persona rispose:


LA LESSIVEUSE NASCE IN FRANCIA NEL 1858 E FUNZIONA PER UN PRINCIPIO BEN CONOSCIUTO FIN DALL'ANTICHITÀ: IN UN RECIPIENTE CON DELL'ACQUA SE POSIZIONIAMO UN TUBO VERTICALE AL SUO INTERNO MAN MANO CHE L'ACQUA SI RISCALDA ESSA RISALIRÀ LUNGO IL TUBO. UN PO' COME IL TERMOMETRO A MERCURIO SE VOGLIAMO FARE UN PARAGONE. 

IL FUNZIONAMENTO È MOLTO SEMPLICE: SI INSERISCE IL TUBO, SI AGGIUNGE LA LISCIVA, I PANNI E L'ACQUA, SI PONE IL TUTTO SUL FUOCO. LENTAMENTE IL CALORE FARÀ RISALIRE L'ACQUA LUNGO IL TUBO CHE USCIR DALLA SOMMITÀ PER POI RICADERE SUI PANNI.

IL TUTTO CON UN MOVIMENTO CONTINUO A RICIRCOLO. L'ACQUA SALE E SCENDE CONTINUAMENTE. QUESTO PROCEDIMENTO NULLA A CHE FARE CON LA MOKA. IN REALTÀ NEL MONDO DEGLI APPARECCHI ATTI ALLA PRODUZIONE DELLA BEVANDA CHIAMATA CAFFÈ ESISTE UNA TIPOLOGIA IDENTICA ALLA LESSIVEUSE, MOLTO CONOSCIUTA NEGLI STATI UNITI E IN GERMANIA: IL PERCOLATORE E RICIRCOLO. LA MOKA NON HA ALCUN TIPO DI RICIRCOLO MA SFRUTTA UN PROCEDIMENTO DETTO A PRESSIONE DI VAPORE ANCHE SE IN REALTÀ DOVREMMO PARLARE DI PRESSIONE DI ARIA-PRESSIONE.

CONCLUDENDO MAURO, LA MIA È UN'IPOTESI MA SECONDO ME NON SIAMO MOLTO LONTANI DALLA REALTÀ: SE ALFONSO BIALETTI AVESSE IDEATO UNA MACCHINA DA CAFFÈ OSSERVANDO LA LESSIVEUSE AVREBBE REINVENTATO UN PERCOLATORE A RICIRCOLO, ANCHE PERCHÉ LA LESSIVEUSE DERIVA PROPRIO DAL PERCOLATORE.

IL MOTIVO PER CUI SI RACCONTA QUESTA STORIA, SECONDO ME NON LO SAPREMO MAI CON CERTEZZA. FORSE FU IDEATA PER DARE UN'IDEA ROMANTICA DELLA GENESI DI QUESTO OGGETTO ICONICO. SAREBBE INTERESSANTE SCOPRIRE QUANDO LA STORIA È APPARSA PER LA PRIMA VOLTA, MA QUESTO CREDO NON LO SCOPRIREMO MAI.

LUCIO DEL PICCOLO


RICERCA DOCUMENTALE E CONCLUSIONI PERSONALI SULLA STORIA DELLA LESSIVEUSE


In effetti, l'analisi dei risultati ottenuti fino ad allora tendeva a discordare dalle storie così appassionatamente narrate e tramandate. Ero convinto che fino al 1970, anno della sua scomparsa, Alfonso Bialetti mai si fregiò come protagonista della tramandata storia della liscivatrice.

Probabilmente la divulgazione della storia cominciò solo dopo la sua morte. In nessun periodico, giornale o testata giornalistica venne accomunata l'invenzione della caffettiera all'uso di quel vecchio arnese prima di quella data.

Segno premonitore fu proprio l'intervista redatta sulla rivista Epoca a Renato Bialetti del 1967, realizzata dal giornalista Giacomo Maugeri, "Bialetti ha scoperto il tesoro in una cafffettiera", a mio parere la più completa. di tutte.

Un'ulteriore prova inconfutabile fu la mostra che venne organizzata ad Armeno nel luglio del 1994. Nei saloni di Villa Virginia la mitica Moka compieva 60 anni. L'esibizione dal titolo" Tra cronaca e design: la  caffettiera", esaltava innanzitutto l'arte di fondere l'alluminio, importata dalla Francia da Alfonso Bialetti, e l'intelligente idea di sfruttare la pressione, e non l'infusione, nella realizzazione della caffettiera, a lor dire, nell'anno 1934! Incredibilmente anche in quell'occasione non venne spesa una parola sul racconto della liscivatrice.

Poi la svolta: nel 1995 venne redatto un simpatico libricino in edizione limitatissima dal titolo: "I segreti del Caffѐ", che oltre a raccontare la storia della fatidica bevanda, presumo presentò in anteprima il racconto della liscivatrice. Successivamente le uniche due dichiarazioni ufficiali che trovai a questo proposito furono: un articolo datato 2010, che fondeva nuovamente l'idea della caffettiera a quella dei grossi pentoloni delle lavandaie in riva al torrente Nigoglia; e ultima, l'intervista di Renato Bialetti apparsa il 05.08.2013 su LA STAMPA "Così Onassis si finse mio cliente", che confermava aihmé non più l'attento squardo amorevole del padre Alfonso a sua moglie, ma bensì alle lavandaiedi Omegna (!) che sulle rive del lago d'Orta facevano il bucato usando appunto la famosa pentola.

In quel preciso momento la mia ricerca terminò, le continue ed evidenti congruenze dei racconti (quelli da me raccolti e quelli che arrivarono in seguito) evidenziarono un quadro alquanto burlesco. Nonostante tutto, approvai l'attaccamento alle vicende che ruotavano attorno alla scoperta della caffettiera e alla famiglia Bialetti. Un modo per raccontare un mito avuto luogo in un mondo antico, un modo proprio, vivo, da capire, da accettare.

Tuttavia, prima che i fili tornino ad ingarbugliarsi, desiderei permettermi alcune esternazioni: la divulgazione del racconto iniziò presubilmente dal 1995 e non prima; la storia che univa il simbolo d'Omegna, di un'Italia lavoratrice, ingegnosa, paragonata al resto del mondo scaturì probabilmente per dare in quel determinato momento una spinta fiabesca, un tocco amorevole alla storia dell'invenzione della caffettiera.

Ma nell'incanto della fiaba, molti dimenticarono che Alfonso Bialetti non fu solamente un buon fonditore, ma sostanzialmente, sin dai tempi di Torino alla FIAT, un eccellente meccanico, capo officina ed esperto di motori".

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https://mokaespress.blogspot.com/2024/06/1933-limprobabile-data-di-nascita-della.html




domenica 16 giugno 2024

ALFONSO BIALETTI E LA FOTO: "TIRA AD INDOVINARE ANCHE TU!"

 

                     ALFONSO BIALETTI E ALBERTO GALLONI, primi anni ´20


TRATTO DAL LIBRO "La caffettiera perduta", pag. 91-92.

"Deciso a scavare a fondo in una delle storie imprenditoriali italiane che più mi appassionò, contattai uno dei due autori che curarono il libro dedicato al centenario della Galloni. (1914-2014)

In questo frangente non mi lasciai scappare l'opportunità di approfondire le vicissitudini tra Bialetti e Galloni, senza trascurare un quesito a cui credevo di avere la soluzione da tempo, ovvero di attribuire i nomi corretti a due personaggi ritratti in un'immagine trovata.

Spesso, le superficiali ricerche e la mancanza di vera passione per le vicende del passato avevano sacrificato fino al martirio la bellissima foto di Alfonso nei panni di fonditore; i sedicenti esperti continuavano da anni a cambiare i connotati e nomi ai due partecipanti nella foto.

Perchѐ fare una ricerca? Tempo sprecato... sì, bastava fare Ambarabaciccicoccò e vedere chi dei due fosse Alfonso. Naturalmente una volta che la sorte aveva individuato Alfonso, la seconda persona non era un problema: si sparava a caso tanto non glie ne fregava niente a nessuno. Perchѐ prendersi la briga di verificare?

Una lettera scritta di risposta, chiarì definitivamente molte cose:

Buonasera Mauro,

sì, il signore nella foto ѐ proprio Alberto Galloni. Inoltre consultando il materiale di Galloni che abbiamo ritrovato fino ad oggi, non ci risulta questa collaborazione! 

Tenga conto che ѐ stato ritrovato qualche anno fa un baule con parecchie lettere di Galloni e ad oggi ancora non le abbiamo visionate tutte. Per come conosciamo Galloni sicuramente ebbe una storia finanziara particolarmente tribolata fatta di continui fallimenti, chiusure e riaperture.

Pertanto non c'ѐ da stupirsi che possa aver messo in difficoltà Bialetti. Teniamoci in contatto.

Fabio Valeggia


Paragonai alcune immagini dell'Alfonso giovane a quella in cui dimostrava le sue doti da fonditore vicino ad Alberto Galloni, e constatai che presubilmente la foto fu scattata nei primissimi anni '20 nell'officina che Bialetti aveva fondato con la denominazione "FONDERIA A CONCHIGLIA ALLUMINIO E LEGA" a Sant'Anna di Crusinallo. 

Il periodo storico coincise con l'inizio della produzione dei primi modelli della motocicletta Galloni.

Come e quando iniziò la collaborazione tra i due, rimase un mistero. Tuttavia, ritenevo plausibile considerare che le loro vite si fossero incrociate ad Omegna al termine del primo conflitto mondiale..."


ORA SMETTIAMO DI TORTURARE QUESTA FOTO! LASCIAMO RIPOSARE IN PACE ALFONSO BIALETTI E ALBERTO GALLONI!