Interpretazione grafica della teoria n.1 "Alfonso e il bucato", pag. 111, K. Kamphues
Tratto dal libro "La caffettiera perduta", pag. 100-128.
"Famosa ovunque, planetaria, intoccabile ѐ sempre stata la storia dell'invenzione della caffettiera di Alfonso Bialetti. Questa fu descritta sin dalla notte dei tempi, quasi fosse stata una tenera scena di una commedia vernacolare, di quelle che nei primi anni del Novecento riempivano i teatri, cercando di portare una morale edificante ad un popolo che muoveva a fatica i suoi passi nella modernità.
Erano gli anni Trenta e Alfonso, seduto su un muretto, fumava e scarabocchiava su un pezzetto di carta. Sognava e architettava una nuova macchina, a dir meglio, una macchinetta, mentre ammirava attento ogni movimento della sua giovanissima moglie.
Questa, non ancora diciottenne, ammoniva la sua pigrizia... accendendo il fuoco sotto il treppiede che avrebbe sostenuto una grande pentola con il bucato e la lisciva. Ma quale incredibile invenzione si sarebbe celata nei bozzetti che Alfonso creava?
Per verificare la vericità di questa leggendaria nascita, dcisi di cominciare la mia ricerca recuperando quelle informazioni che avrebbero confermato l'esistenza dello strumento utilizzato dalla moglie di Alfonso, e con stupore incappai in un nuovo interessante contesto storico: quello dei lavatoi.
Era chiaro che in un territorio ricco di laghi, fiumi e torrenti, la costruzione dei lavatoi in quell'epoca fu un dovere, una spinta sociale, un momento di aggregazione dove i canti, pettegolezzi e dicerie spesso assumevano connatati completamenti diversi.
Trovai un significativo contributo della scuola primaria di Stresa che, nella mia ricerca di storie che ruotavano attorno alla costruzione dei lavatoi, confermò, oltre alle vicissitudini delle donne intorno alle vasche, anche l'utilizzo di un misterioso oggetto: la liscivatrice.
La LESSIVEUSE O LISCIVATRICE
TRA IL 1920 E IL 1930 FU INVENTATO UN NUOVO ATTREZZO IN LAMIERA ZINCATA CHE RENDEVA PIÙ SEMPLICE LA BOLLITURA DELLA BIANCHERIA, CON MINOR FATICA PER LE LAVANDAIE. ERA COSTITUITO DA UN GROSSO MASTELLO ALTO 50/60 CM CIRCA, A FORMA DI TRONCO DI CONO; IL DIAMETRO DELLA BASE INFERIORE ERA DI CIRCA 40 CM E QUELLO DELLA BASE DI 60/70 CM. ALL'INTERNO PRESENTAVA UN CONDOTTO ESTRAIBILE FATTO A TUBO CHE SI ALLARGAVA VERSO L'ALTRO; LA PARTE SUPERIORE ERA FORATA PER PERMETTERE L'USCITA DELL'ACQUA BOLLENTE, SECONDO IL PRINCIPIO CHE REGOLA IL FUNZIONAMENTO DELLA CAFFETTIERA MOKA (POLETTI, 2010).
SCUOLA PRIMARIA STRESA
Senza ombra di dubbio, qui la storia del bucato non faceva una piega, e le testimonianze raccolte dagli alunni della scuola di Stresa confermavano inesorabilmente quanto questo racconto fosse radicato, accettato, fonte di orgoglio per tutti i concittadini.
Nonostante ciò continuavo a chiedermi: ma perché la moglie di Alfonso avrebbe dovuto fare il bucato nella liscivatrice e non nelle vasche dei lavatoi insieme alle altre donne? Sia Montebuglio, che Crusinallo disponevano di lavatoi. Omegna riccheggiava d'acqua. E, quarda che coincidenza, a Montebuglio il lavatoio sorgeva, dove ora risiede l'ossario.
Poi un pomeriggio, proprio ad una manciata di chilometri lontano dal piccolo paese montano (Montebuglio), mentre mi apprestavo ad acquistare alcune cartoline storiche che avrebbero decretato la fine delle mie ricerche: "Ma che lavatrice e bucato... la moglie di Alfonso stava bene, lei era giovane, molto istruita, colta, suonava anche il pianoforte..." Ecco! Mi avevano ributtato nel groviglio!
Surreale fu il confronto con un esperto sulla storia della famiglia Bialetti che incontrai ad Omegna; il distinto signore concluse la nostra animata discussione con una lunghissima risata di cuore, che oltre a rafforzare il suo sistema immunitario, non fece altro che far riaffiorare in me nuove perplessità.
La persona in sua compagnia, disturbata dalle risa, dalle parole del suo compagno e dalle mie domande diventate sempre più insistenti, recitò imperterrita la versione tradizionale, elencandomi noiosamente tutti i particolari tecnici della vecchia lavatrice, non capendo che io ero alla ricerca di altro.
Per aggiungere altro mal di testa, un'ulteriore dichiarazione scritta da parte di una persona molto vicina alla famiglia Bialetti, contribuì a rimettere tutto quanto in discussione:
LA STORIA DELLA LAVATRICE È PURA FANTASIA CREATA AD HOC DA RENATO, FIGLIO DI ALFONSO PER CREARE UN SUPPORTO ALLA MASSICCIA PUBBLICITÀ CHE FACEVA IN QUEL PERIODO. NON RISULTA AI MEMBRI DELLA FAMIGLIA CHE *** FACESSE IL BUCATO CON QUESTA MACCHINA.
Mostra "Il caffѐ ѐ pronto"
La "vecchia lavatrice"... sì, tra l'altro nel lontano 2019-20 feci la sua conoscenza; in Germania avevo organizzato una mostra sulla nascita della caffettiera e proprio l'insolito arnese fu oggetto degli squardi curiosi ed eloquenti del pubblico che visitò la manifestazione (nelle prime tre ore visitarono 265 persone la mostra!).
Mostra "Il caffѐ ѐ pronto"
Mostra "Il caffѐ ѐ pronto"
Stufo di ascoltare le colorite e simpatiche versioni sulla storia del bucato, nonché le continue incongruenze, data l'obbiettiva mancanza di materiale storico e fotografico, decisi di terminare la movimentata ricerca, a patto... sì, a patto di capire definitivamente l'idea di base a cui Alfonso si aggrappò o almeno accettare il nesso tra la tramandata versione storica e il logico funzionamento tecnico della liscivatrice.
Uno specialista avrebbe fatto luce... un tecnico termodinamico segnato tra l'altro dalla mia stessa passione, dotato di una conoscenza unica, approfondita da anni di ricerche, avrebbe portato chiarezza, mi dissi, alla storia del "bucato".
Alla domanda di che cosa pensasse sulla storia della liscivatrice e se davvero Alfonso Bialetti ebbe l'ispirazione per creare la caffettiera osservando la moglie utilizzare questo istrumento in quel contesto idilliaco che la leggenda narrava, questa persona rispose:
LA LESSIVEUSE NASCE IN FRANCIA NEL 1858 E FUNZIONA PER UN PRINCIPIO BEN CONOSCIUTO FIN DALL'ANTICHITÀ: IN UN RECIPIENTE CON DELL'ACQUA SE POSIZIONIAMO UN TUBO VERTICALE AL SUO INTERNO MAN MANO CHE L'ACQUA SI RISCALDA ESSA RISALIRÀ LUNGO IL TUBO. UN PO' COME IL TERMOMETRO A MERCURIO SE VOGLIAMO FARE UN PARAGONE.
IL FUNZIONAMENTO È MOLTO SEMPLICE: SI INSERISCE IL TUBO, SI AGGIUNGE LA LISCIVA, I PANNI E L'ACQUA, SI PONE IL TUTTO SUL FUOCO. LENTAMENTE IL CALORE FARÀ RISALIRE L'ACQUA LUNGO IL TUBO CHE USCIR DALLA SOMMITÀ PER POI RICADERE SUI PANNI.
IL TUTTO CON UN MOVIMENTO CONTINUO A RICIRCOLO. L'ACQUA SALE E SCENDE CONTINUAMENTE. QUESTO PROCEDIMENTO NULLA A CHE FARE CON LA MOKA. IN REALTÀ NEL MONDO DEGLI APPARECCHI ATTI ALLA PRODUZIONE DELLA BEVANDA CHIAMATA CAFFÈ ESISTE UNA TIPOLOGIA IDENTICA ALLA LESSIVEUSE, MOLTO CONOSCIUTA NEGLI STATI UNITI E IN GERMANIA: IL PERCOLATORE E RICIRCOLO. LA MOKA NON HA ALCUN TIPO DI RICIRCOLO MA SFRUTTA UN PROCEDIMENTO DETTO A PRESSIONE DI VAPORE ANCHE SE IN REALTÀ DOVREMMO PARLARE DI PRESSIONE DI ARIA-PRESSIONE.
CONCLUDENDO MAURO, LA MIA È UN'IPOTESI MA SECONDO ME NON SIAMO MOLTO LONTANI DALLA REALTÀ: SE ALFONSO BIALETTI AVESSE IDEATO UNA MACCHINA DA CAFFÈ OSSERVANDO LA LESSIVEUSE AVREBBE REINVENTATO UN PERCOLATORE A RICIRCOLO, ANCHE PERCHÉ LA LESSIVEUSE DERIVA PROPRIO DAL PERCOLATORE.
IL MOTIVO PER CUI SI RACCONTA QUESTA STORIA, SECONDO ME NON LO SAPREMO MAI CON CERTEZZA. FORSE FU IDEATA PER DARE UN'IDEA ROMANTICA DELLA GENESI DI QUESTO OGGETTO ICONICO. SAREBBE INTERESSANTE SCOPRIRE QUANDO LA STORIA È APPARSA PER LA PRIMA VOLTA, MA QUESTO CREDO NON LO SCOPRIREMO MAI.
LUCIO DEL PICCOLO
RICERCA DOCUMENTALE E CONCLUSIONI PERSONALI SULLA STORIA DELLA LESSIVEUSE
In effetti, l'analisi dei risultati ottenuti fino ad allora tendeva a discordare dalle storie così appassionatamente narrate e tramandate. Ero convinto che fino al 1970, anno della sua scomparsa, Alfonso Bialetti mai si fregiò come protagonista della tramandata storia della liscivatrice.
Probabilmente la divulgazione della storia cominciò solo dopo la sua morte. In nessun periodico, giornale o testata giornalistica venne accomunata l'invenzione della caffettiera all'uso di quel vecchio arnese prima di quella data.
Segno premonitore fu proprio l'intervista redatta sulla rivista Epoca a Renato Bialetti del 1967, realizzata dal giornalista Giacomo Maugeri, "Bialetti ha scoperto il tesoro in una cafffettiera", a mio parere la più completa. di tutte.
Un'ulteriore prova inconfutabile fu la mostra che venne organizzata ad Armeno nel luglio del 1994. Nei saloni di Villa Virginia la mitica Moka compieva 60 anni. L'esibizione dal titolo" Tra cronaca e design: la caffettiera", esaltava innanzitutto l'arte di fondere l'alluminio, importata dalla Francia da Alfonso Bialetti, e l'intelligente idea di sfruttare la pressione, e non l'infusione, nella realizzazione della caffettiera, a lor dire, nell'anno 1934! Incredibilmente anche in quell'occasione non venne spesa una parola sul racconto della liscivatrice.
Poi la svolta: nel 1995 venne redatto un simpatico libricino in edizione limitatissima dal titolo: "I segreti del Caffѐ", che oltre a raccontare la storia della fatidica bevanda, presumo presentò in anteprima il racconto della liscivatrice. Successivamente le uniche due dichiarazioni ufficiali che trovai a questo proposito furono: un articolo datato 2010, che fondeva nuovamente l'idea della caffettiera a quella dei grossi pentoloni delle lavandaie in riva al torrente Nigoglia; e ultima, l'intervista di Renato Bialetti apparsa il 05.08.2013 su LA STAMPA "Così Onassis si finse mio cliente", che confermava aihmé non più l'attento squardo amorevole del padre Alfonso a sua moglie, ma bensì alle lavandaiedi Omegna (!) che sulle rive del lago d'Orta facevano il bucato usando appunto la famosa pentola.
In quel preciso momento la mia ricerca terminò, le continue ed evidenti congruenze dei racconti (quelli da me raccolti e quelli che arrivarono in seguito) evidenziarono un quadro alquanto burlesco. Nonostante tutto, approvai l'attaccamento alle vicende che ruotavano attorno alla scoperta della caffettiera e alla famiglia Bialetti. Un modo per raccontare un mito avuto luogo in un mondo antico, un modo proprio, vivo, da capire, da accettare.
Tuttavia, prima che i fili tornino ad ingarbugliarsi, desiderei permettermi alcune esternazioni: la divulgazione del racconto iniziò presubilmente dal 1995 e non prima; la storia che univa il simbolo d'Omegna, di un'Italia lavoratrice, ingegnosa, paragonata al resto del mondo scaturì probabilmente per dare in quel determinato momento una spinta fiabesca, un tocco amorevole alla storia dell'invenzione della caffettiera.
Ma nell'incanto della fiaba, molti dimenticarono che Alfonso Bialetti non fu solamente un buon fonditore, ma sostanzialmente, sin dai tempi di Torino alla FIAT, un eccellente meccanico, capo officina ed esperto di motori".
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